Documentario, ricerca, rigore, ma anche finzione, ironia e un’irresistibile vitalità si intrecciano nell’opera di un regista profondamente consapevole delle potenzialità del medium cinematografico e del suo ruolo fondamentale non solo per raccontare, ma anche cambiare, il mondo che ci circonda. Il mondo che Pinho sceglie responsabilmente di inquadrare è un mondo in divenire vertiginoso, in cui i personaggi sono costretti a confrontarsi con uno schiacciante senso di impotenza. A loro il regista portoghese sceglie di ridare spazio, corpo e voce, al tempo stesso inserendoli costantemente in una dimensione collettiva che, in un presente in cui linguaggio e ragione non sono più sufficienti, è la sola ad avere la possibilità di trasformarsi in azione. Proprio come riesce a fare il cinema di Pinho, “un cinema che diventa strumento attivo di cambiamento”, come dichiarato nella menzione speciale ricevuta al Torino Film Festival per il suo ultimo film.
Il regista portoghese ha studiato regia a Lisbona, a Parigi e a Londra. Nel 2008, anno in cui dirige il documentario Bab Sebta, la rivista Film Comment lo menziona tra i 10 migliori film dell’anno. Insieme a altri registi la compagnia Terratreme, che diventa un punto di riferimento per la produzione e la promozione del giovane cinema portoghese. Del 2013 è il suo mediometraggio Um fim do mundo, che ottiene numerosi premi oltre a una nomination ai Portoguese Golden Globe Awards come Miglior Film. Nel 2014 gira il documentario As Cidades e As Trocas che viene presentato a FidMarseille, DocLisboa e The Art of the Real. A fábrica de nada (2017) è il suo primo lungometraggio di finzione, vincitore di oltre 15 premi e altrettante nomination in svariati festival in Europa e nel mondo, tra cui il premio FIPRESCI al Festival di Cannes.
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